Opere

 

Da "Talento", Lorenzo Editore, n.1/2002

Danilo Tacchino, Verso il terzo millennio, poesie, Lorenzo Editore, 2001, pagg.68, lire 15000 [€ 7,75]

         Quest’interessante opera di Danilo Tacchino è un buon esempio di quell’intima unione – "cultura" – fra cultura umanista e cultura scientifica che Talento sostiene, anche nell’àmbito di quell’associazione Delos di cui Lorenzo è co-promotore e membro e che vanta fra i suoi esponenti figure subalpine primarie.

         Il nostro poeta ha studi tanto tecnico-scientifici quanto umanistici, diploma in elettronica industriale e laurea in Lettere moderne, e lavora nella più grande industria torinese, un tempo potente signora nella città e ancor oggi, finito il tempo dell’industria, impresa di peso in Torino, nell’economia avanzata, anche se, ormai, essa ha volto gran parte dei suoi interessi produttivi verso paesi esteri, costretta a soggiacere alle non-umanistiche leggi del mercato in conseguenza, tra l’altro, proprio del progresso tecnico-scientifico. Questa è una considerazione del sottoscritto, non dell’autore.

         Meno alti, a mio avviso, i versi che, prevalendo un poco la mente sul cuore, si dilungano in spiegazioni scientifiche, si tratta di un’opera interamente godibile.

         Il Tacchino ci presenta poesie scritte dal 1994 al 2000, pubblicate e da leggere nell’ordine di stesura. Potremmo forse parlare di un poema. Queste opere sono altrettante fasi di una sola ricerca, ne “Lo spirito del Natale”: “È la speranza / che la vita / trionfi sempre / sulla morte”.

L’aria “(…) non è soltanto / un miscuglio gassoso / (…) / Il Pianeta è contornato / dalla sua anima / è azzurro per / la sua anima”. La scienza scopre e spiega, ma non del tutto. Il fulmine globulare “un tempo, forse, / era un Dio sceso in terra, /ma ora la Scienza / ci indica / la sua vera essenza / (…) / Ma la genesi sua, / è tuttora un enigma”. Il Sole, divinizzato dagli antichi, simbolo stesso di Dio, è solo una “nana gialla / ai limiti / della galassia”; tuttavia, è per gli umani, anzitutto,“luce inesauribile di vita / nello spazio eterno / del mistero cosmico”.

Una visione panteistica, sembrerebbe sulle prime, un sentire spinoziano, di cui la Scienza, scritta con la maiuscola, è chiesa, mentre ne è sacerdote l’uomo rinascimentale, un leonardo che deve condurre quella chiesa sì da scienziato ma, anzitutto, da umanista. Tuttavia, se è vero che le scoperte della scienza meravigliano l’autore, se è vero che dànno gioia grande presentando sempre più l’ordine meraviglioso dell’universo, il problema resta: chi siamo, dove andiamo…; e rimangono i dolori, soprattutto i lutti, la morte scritta a sua volta con l’iniziale maiuscola, la signora apparente dei provvisori vivi:“Requiem (mater)” - “Dove la Morte / acquista il peso / della propria esistenza. / Dove il senso del vivere / implode / oltre la percezione spaziale e temporale / di essere presenza”; “un profumo di castagne bollite / si mescola assieme ad una fragrante teglia / di castagnaccio farcito di pinoli / e uva sultanina. / Mamma è lì, che mi sorride” / (…) / E il tempo continua a scorrere”. Centrale, resta il cuore, anche di fronte agli abissi meravigliosi dell’universo fisico: “Non esiste baratro profondo / che non sia legato al tuo cuore. /(…) / Non esiste essenza di vita, / se non batte per sempre, /nel cuore”. “È fondamentale, esserci”.

Guido Pagliarino