Opere

 

"Silloge di poesie di MARIA TERESA LIUZZO - L'acqua è battito lento - Presentazione di Vincenzo Rossi con un giudizio critico di Giorgio Bàrberi Squarotti - Ed. Lineacultura, 2001 - pp. 48 - In quarta di copertina, oltre alla scheda sulla Liuzzo, un giudizio critico di Niinj Di Stefano Busà"

[Da Pomezia - Notizie, settembre 2001 - NOTIZIARIO MENSILE (FONDATO NEL 1973) Direzione e amministrazione: Via Fratelli Bandiera, 6 - Tel. 06191.12.113 - 00040 POMEZIA (Roma) - Fondatore e Direttore responsabile: DOMENICO DEFELICE]

MARIA TERESA LIUZZO

L'ACQUA E' BATTITO LENTO

Lineacultura, 2001

                                       di Guido Pagliarino

 

La ricerca filosofico-poetica di questa colta, sensibile autrice, che avevo già apprezzato nel precedente, corposo volume "Eutanasia d'Utopia", continua in questo nuovo poema, come mi pare bene definirlo, organizzato sì come raccolta di liriche di varia lunghezza e libero, musicale metro, ma in unitario afflato.
La poesia classica e quella più significativa del '900, sulle quali s'è formata la Liuzzo, sono vive e palpitanti nel suo animo, peraltro in piena autonomia d'ispirazione, come fu, d'altronde, per i poeti ormai entrati nella Storia della Letteratura. Ad esempio,"Spasimi di luce sfiorano/ le cetre dei salici: la voce/ è suono d'acque sognate/ e di deserti (…)", dove troviamo una citazione dell'altrettanto tormentato, e cultore dei classici, Salvatore Quasimodo.
Ancora una volta, alla base della poesia dell'autrice c'è lo scandalo del male nel mondo. La poetessa è creatura che partecipa, no, di più, che si identifica con ogni altra parte del Creato, portata anch'ella dal fiume, anzi, dalla "rapida del tempo", immersa negli abissi liquidi, inafferrabili dell'esistere; tra ombre e luci; e pure la luce è come contorta, spinosa: si tratta di "rovi di luce" ne "il dramma dell'ombra". Pare quasi che tutto sia per caso: "Il caso traccia/rose di polvere/ e acerbe primavere"; una bellezza umana che il tempo non conserva, una speranza che resta acerba, che mai matura in questo mondo giungendo al frutto, qualunque sia la terrena mèta: troppo veloce la vita, per poter compiere, materia che si disfà. 
Aveva scritto il poeta padre Turoldo che "Il dramma è Dio" (Rizzoli, 1991).
Il "dramma dell'ombra" della Liuzzo ed il "Dramma" turoldiano e di ogni cristiano volto alla filosofia corrispondono? Direi di sì.
I poeti sanno sublimare ed esprimere il dramma elevandolo alla bellezza, più volte citata nell'opera della Liuzzo, in particolare nel simbolo della rosa; "S'aggira il silenzio/sopra un roseto/d'acqua": ecco l'apparente silenzio di Dio, ma pure un richiamo allo Spirito divino, la Ruàh che aleggiava sulle acque della sua Creazione e infine se ne compiaceva, perché Vide che tutto era buono: anche la libertà concessa all'essere umano, che per essere tale è inscindibile dal dolore. Dunque, per la poetessa "Il pensiero è arco e freccia/nella tempesta dell'anima", quel pensiero che si basa sulla limitata esperienza umana e si tormenta nei momenti in cui non c'è totale affidamento al Trascendente, un Dio sì incomprensibile dal finito, ma che s'è Immerso nel tempo per rivelarci col suo stesso dolore che quanto soffriamo è strumento di Bene.
Poesia profondamente religiosa, umanissima, in comunione col prossimo, d'una sofferente credente.

Guido Pagliarino