Opere

 

Giorgio Fabbi, L’Osama Furioso, Prospettiva editrice, ISBN 88-7418-077-2, 2002, € 8,00

Recensione di Guido Pagliarino

 

Giorgio Fabbi, che già presentai a suo tempo (rivista Talento 2/2002) in un articolo sulla critica razionalista al Cristianesimo nel quale citavo una sua opera su Gesú, pubblica con la coraggiosa casa editrice Prospettiva un anticonformistico saggio su Osama bin Laden, Islam e terrorismo arabo. L’autore è stato per ventisei anni stimato consigliere d’uno sceicco del petrolio e ha frequentato la famiglia bin Laden: l’opera, che è preceduta da un’intensa prefazione di Andrea Giannasi e seguita da un’utile postfazione di Enrico Miglino sugli islamici in Italia, è di sicuro interesse e tendenzialmente oggettiva, a parte una parentesi polemica a pagina 18, dove l’autore lancia una freccia a proposito delle “guerre scatenate dal Cattolicesimo nel corso della sua storia secolare”: semmai, dal Cristianesimo, ché guerre furono purtroppo accese con pari fervore da tutti i cristiani, come peraltro fu per i maomettani, lanciatisi ben presto in vittoriose campagne di conquista in territori cristiani sia dell’Africa e dell’Asia minore, sia di Spagna, Italia meridionale ed Europa centrale fino a Vienna. Oggi non è più tempo di guerre di religione, almeno da parte occidentale, e quei media e quelle correnti politiche che dopo l’11 settembre prospettarono una sorta di crociata contro l’Islam mostrarono d’essere ignoranti: l’Occidente non è più cristiano, è tornato, di fondo, pagano, la religione vi è stata semidistrutta, nel XX secolo, da quelle stesse forze economico-politiche occidentali che, secondo il sentire di Osama, stanno adesso attentando all’Islam nei paesi musulmani ricchi di petrolio, sempre allo stesso scopo, volgere le popolazioni al laicismo per scopi economico-commerciali. Per bloccare nelle terre dell’Islam il processo realizzatosi appieno nell’Occidente già cristiano e ormai laicista, bin Laden ha attaccato quest’ultimo nel suo stesso cuore, New York. Tuttavia, Osama e i suoi erano e restano relativamente isolati. I paesi arabi del petrolio vogliono il proprio benessere e insieme vivere da musulmani, senza peraltro desiderare di esportare il loro stile di vita nel mondo. Lo scrittore, nel capitolo Lo sheikc, lascia la parola a un’importante figura araba: “I soldi”, afferma questo sheikc parlando della vendita del petrolio all’Occidente, “[…] ci hanno restituito una vita decente. Allah ci ha voluto fare un dono […]. Osama? Gli abbiamo tolto il passaporto tanto tempo fa, non siamo responsabili di ciò che va facendo in giro per il mondo; […] i nostri ospedali sono gratuiti. A chiunque ne fa richiesta, di fatto la prima casa viene regalata o quasi. Tutti hanno un lavoro[…]. Noi ci consideriamo il popolo più felice della terra, le nostre donne non invidiano le vostre. Le case sono il loro regno, a loro non piace mostrarsi in pubblico smaccate d’estate e ammiccanti d’inverno”: resta il fatto, però, che a parlare è un uomo; sarebbe stato interessante conoscere il sentire femminile, se la legge islamica l’avesse consentito. Comunque, chi ha il potere non mostra alcuna animosità verso l’Occidente, nessun desiderio di terrorismo: L’Islam, precisa il Fabbi, non c’entra per nulla con l’11 settembre. Su questa tragedia inizia il saggio e, nel capitolo successivo, l’autore presenta la figura e le gesta di Osama fin dal 1973 (nasce nel 1957). L’opera passa a trattare la storia originaria della religione maomettana e, quindi, della “inimicizia antica” tra Islam e Occidente, un “problema irrisolto” un tempo affrontato ad armi pari, in guerre, ma non più da tempo, a causa della superiore tecnologia dell’Ovest. In un successivo capitolo il Fabbi ci presenta “Le regole”, quello stile di vita dei paesi arabi petroliferi, e in particolare dell’Arabia di Osama, di cui quest’ultimo non “condivide la pigra accettazione del bengodi che rischia di fare della culla dell’Islam una Las vegas analcolica ma non per questo meno viziosa […]”. Diversa è la situazione dei palestinesi; e molto opportunamente, dato che vige da noi una certa confusione, il Fabbi dedica un capitolo all’argomento: la situazione palestinese e israeliana al momento non interessa bin Laden: “In Palestina c’è solo guerriglia. La vera guerra è altrove”. “La logica dell’Osama Furioso” è quella d’un idealista che, ricchissimo, non ha mai avuto problemi economici e può soffermarsi “ad analizzare il dettaglio perché il benessere glielo consente […]. Egli osserva la famiglia reale distribuire i ricavi delle risorse petrolifere a se stessa e al popolo, in parti disuguali e prestando moderato orecchio alle petizioni della vasta corte di fratelli poveri”. Vede che il “Satana Americano”, di fondo, comanda nei paesi arabi amici e, grazie all’ high-tech, risolve le proprie guerre cogli stati nemici, come quella contro l’arabo Irak, con “danni collaterali per i malcapitati troppo vicini ai bersagli e nessuna perdita o quasi per i bersagliatori”: si tratta delle cosiddette bombe intelligenti, che tanto intelligenti non sono visto che uccidono anch’esse inermi civili, tra cui bambini. Così, il “Satana Americano ha stimolato la fantasia dell’Osama Furioso che […] ha reagito in modo tale da far gridare tutta la lobby delle regole al raccapriccio”: stessa misura, stessi innocenti, ma questa volta occidentali, massacrati nelle due torri a migliaia. Lascio al lettore di scoprire appieno l’opera, scritta, come le precedenti di Giorgio Fabbi, in una piacevole, svelta forma di cui ho voluto dare qualche assaggio, certamente frutto di una lunga ricerca, come tutti i validi stili che appaiono immediati.

Guido Pagliarino