Opere

 

© Guido Pagliarino anche per l'immagine

 

Rosario P. e il network

- racconto: capitolo  IV di "Dai 40 sei K.O.?" -

   Rosario era immigrato a Torino con la sua famiglia nella seconda metà degli anni '60, ancora ragazzino, dalla sua Sicilia. Il padre e i due fratelli, maggiori di lui, avevano trovato quasi sùbito un posto. Terminata la terza media, anche Rosario aveva cercato immediatamente un lavoro; ma lui non era riuscito a occuparsi: si era ormai in quegli anni '73/75 che sarebbero stati chiamati "della crisi del petrolio", anni di recessione economica. Svolto quindi il servizio militare come autiere, volontario a sedici anni, al ritorno aveva ripreso la ricerca del posto. Finalmente, era la fine del '76, aveva trovato occupazione! Autista e tuttofare presso una ditta artigiana che produceva imballaggi e serviva piccole industrie della cintura, tra cui quella di quell'ingegner Roberto Z. che già abbiamo conosciuto.

   Apprezzato dal titolare e del tutto ignaro che un giorno, a quarant'anni, avrebbe perso il lavoro, s'era sposato con Carmela, commessa in un negozio di scarpe e lei pure siciliana.

   Avevano avuto due figli, un maschio e una femmina.

   Grazie ai due stipendi, il tenore di vita della famiglia era stato piuttosto buono, almeno per quei tempi, ché oggi si pretende la luna e fors'anche il sole: utilitaria, vacanze... tanto che i coniugi avevano potuto accettare d'ospitare gratuitamente per qualche tempo parenti di lei, Marco ed Eva, parrucchieri che s'erano trovati falliti e senza appartamento. Veramente Rosario l'aveva fatto solo per affetto verso Carmela. L'avere per casa estranei gli era non poco dispiaciuto, tanto che aveva sentito grande liberazione quando quei parenti avevano lasciato i letti per non tornare più. Rosario non sapeva che di lì a pochissimo lui stesso sarebbe stato in gravi difficoltà.

   Già arrivata la crisi economica, uno per volta non pochi clienti della piccola ditta dove lavorava avevano cessato l'attività o erano addirittura falliti e l'artigiano, per non andare in perdita, aveva dovuto diminuire le spese. Tra l'altro s'era costretto a fare lui stesso le consegne, col saltuario aiuto del figlio, studente universitario; e, pur con molto rincrescimento e scusandosi, nel 1995 aveva licenziato Rosario.

   Dispiaceri anche per Carmela: il negozio di scarpe aveva subito una diminuzione degli affari e il titolare aveva ridotto l'orario della commessa e, dunque, il suo stipendio.

   Con la mezza paga di Carmela e null'altro, la situazione familiare s'era fatta di molto preoccupante. C'erano i milioni della liquidazione di Rosario e qualche risparmio precedente, ma si sapeva che non sarebbero durati.

   L'unica cosa che lui sapeva fare era guidare: s'era iscritto quale autista nelle liste di disoccupazione, aveva messo annunci; ma senza risultato.

   A un certo punto aveva pensato di comprarsi un furgone, in parte coi risparmi e in parte a rate, e divenire così un padroncino, un lavoratore autonomo che fa consegne per ditte e privati a prezzi concorrenziali rispetto ai grossi corrieri; ma era stato sconsigliato dal consulente economico d'un sindacato artigiano cui s'era rivolto, persona seria e accorta: "Guardi", gli aveva detto il professionista, "che si mette immediatamente in grosse spese, tra cui diversi balzelli annuali fissi che gravano su professionisti e lavoratori autonomi; inoltre, sarebbe costretta a versarsi di tasca i contributi annuali obbligatori per la pensione degli artigiani; non dimentichi poi il bollo e l'assicurazione del furgone; e con la crisi che c'è, i molti padroncini che sono in giro si fanno una concorrenza da forca. Capisce dunque che..."

   Rosario, chinando la testa, l'aveva interrotto biascicando: "... che avrei più spese che incassi?".

   "Sissignore. Mi spiace, ma non mi sembra affatto una buona idea".

   "Beati coloro che lavoravano in una grossa industria!" aveva esclamato Rosario per sfogarsi: "Per loro, almeno, c'è stata la cassa integrazione o, addirittura! la pensione anticipata": per un poco aveva guardato nel vuoto, lontano, come a bearsi del miraggio d'una sua pensione.

   "Già, ma quelle enormi industrie", l'aveva risvegliato l'altro, "come certe qui a Torino o a Ivrea, hanno santi a Roma; e tutte quelle migliaia di miliardi di cassa e pensioni extra su chi crede gravino? Su tutti noi! Beh, si capisce che per il lavoratore che ne fruisce è stata santa manna; ma è peggio per gli altri".

   Rosario, proprio lui che non aveva gradito gente per casa, s'era costretto a chiedere ai due fratelli di ospitarlo con la famiglia. Però, l'uno aveva perso il posto ed era quasi nella sua situazione e l'altro aveva quattro figli, arrivava malamente a fine mese e viveva in un bilocale.

   I genitori, raggiunta la pensione, erano tornati a godersela al proprio paese, dove restava loro l'antica casetta di famiglia e dove la vita costa meno. Andare ospiti laggiù?... ma là, luogo di disoccupazione cronica, sicuramente lavoro non si sarebbe trovato; e trasferirsi avrebbe fatto perdere il posto alla moglie: vivere tutti sulla pensioncina del padre?! Escluso.

   … e allora?

   La moglie qualcosa di buono aveva combinato, anche se poco. Approfittando del part time nel negozio di calzature, su raccomandazione del parroco aveva trovato qualche ora da fare, in una famiglia di funzionari, come donna delle pulizie e addetta alla spesa: "Però", le aveva detto quel brav'uomo del sacerdote, "mi piacerebbe che anche tuo marito si facesse vedere qualche volta in chiesa".

   "... eh, sa com'è... ha tanto da fare".

    "Ma non è disoccupato?!", l'aveva fulminata il prevosto; poi aveva scosso la testa con gran disapprovazione.

   Intanto Rosario, cerca ancora e ancora cerca, niente lavoro.

   Era umiliato. Adesso si sentiva lui un mangiapane a tradimento, così come aveva detto più volte in passato dei suoi sgraditi ospiti.

   Un giorno, facendo la spesa per la famiglia dove lavorava, Carmela aveva letto un annuncio dal panettiere: "Famiglia distinta cerca cameriere autista referenziato. Retribuzione di sicuro interesse".

   Si trattava di una delle prime case di Torino.

   "Ma io non so fare il cameriere", aveva commentato Rosario quando lei gliel'aveva riportato, non appena rientrata in famiglia, " l'autista sì, ma il cameriere no".

   "Ci provi, no?".

   "... e le referenze?".

   "Intanto, ci sono quelle del tuo ex principale: sei un gran lavoratore, un bravo guidatore e non hai mai avuto un incidente, no? Per il resto, ho io un'idea".

   S'era rivolta a una signora della San Vincenzo parrocchiale, una vedova benestante.

   Prega il cielo e supplica la brava signora, Carmela aveva ottenuto le referenze: Rosario, secondo quelle poche righe scarabocchiate e dalla firma quasi illeggibile, aveva lavorato per la vedova, quale suo cameriere; e la signora ne era rimasta pienamente soddisfatta.

   Inoltre, al meglio che poteva, in un solo giorno la moglie aveva insegnato al marito a servire a tavola, a lavare i piatti e a pulire la casa.

   Né lei né Rosario avevano purtroppo notato che, sulle due referenze, il periodo di lavoro risultava in parte lo stesso: negli ultimi cinque anni Rosario aveva "lavorato" nelle medesime ore sia come autista dall'artigiano sia come cameriere della dama di San Vincenzo.

   S'era presentato al colloquio coi potenziali datori di lavoro. Non appena lette le referenze... lavata gelida della padrona di casa! una severissima signora sulla settantina: "Impossibile che abbia lavorato a tempo pieno sia come autista d'azienda sia come cameriere in una famiglia! Qual è la referenza falsa? O... lo sono entrambe?!" e gli aveva quasi perforato gli occhi con le proprie pupille grigio-ferro.

   Il poveretto era arrossito immediatamente, quindi era divenuto addirittura paonazzo, sino al viola più cupo; e aveva preso a farfugliare: "...ma...ma....mmm"; quindi, non reggendo lo sguardo della signora, divenuto, se possibile, ancora più glaciale, ed essendo esplosa di colpo nella stanza una gran risata del di lei consorte, un uomo alto alto che, fino ad allora, era rimasto in silenzio come una statua accanto alla propria coetanea metà, Rosario era semplicemente uscito, più di corsa che a passo svelto; ma sùbito bloccato dall'inciampo del piede sinistro in un tappetino color violetto; s'era salvato dalla caduta appoggiando la destra su di un tavolinetto là accanto; e, solo per pochissimo, non aveva mandato in frantuni il vaso antico che vi troneggiava che, bontà sua, s'era degnato di solo rovesciarsi sul piano del mobiletto, senza rompersi.

    A questo punto, scatto da centometrista.

   "Che gente!" aveva sentito dietro da un duo vocale perfettamente accordato.

   Passata ancora una settimana, la disperazione imperava ormai giorno e notte nella casa di Rosario.

   Erano ormai di tre mesi indietro nel pagamento del fitto.

   Il padrone di casa, a sua volta quasi indigente, era un anziano pensionato che aveva impiegato la propria liquidazione e i pochi risparmi in quell'alloggetto, per integrare coll'affitto la sua pensione. All'inizio del terzo mese, l'uomo era venuto nuovamente a reclamare le due mensilità arretrate e, in più, la pigione entrante. Non essendo stato di nuovo pagato, era letteralmente scoppiato a piangere davanti a Rosario: "Io e mia moglie", aveva detto singhiozzando come un fanciullo, "moriremo di fame! La supplico, mi lasci almeno libero l'alloggio, ché trovi un altro inquilino. Oltretutto, devo pagarci sopra le spese di condominio e pure l'I.C.I. e l'I.R.P.E.F., o non lo sa?!".

   Quella notte né Rosario né la moglie avevano dormito. A lui era venuta addirittura la tentazione di buttarsi dalla finestra.

   Il dì seguente, prelevato dall'ormai filiforme libretto di risparmio l'affitto di tre mesi, l'aveva portato al vecchio.

   Ed ecco che, proprio il giorno dopo...

   Rosario aveva incontrato, proprio sotto casa, un vecchio compagno di scuola, Pietro, che non vedeva da decenni. S'erano riconosciuti e, depresso com'era, lui non s'era trattenuto dal confidarsi.

   "Ebbene, non c'è problema!" aveva sentenziato l'altro: "Non li leggi, i giornali? C'è un annuncio che appare tutte le settimane da mesi e che metto io stesso con altri colleghi. Sto facendomi una barca di soldi!".

   Qui zitto, secondo la tecnica del buon venditore, aspettando che fosse l'altro a rilanciare. Rosario niente.

   "Uff... insomma, si tratterebbe di diventare venditori, con un minimissimo anticipo di capitale, nemmeno un milione".

   "Sì", s'era acceso a questo punto Rosario, quasi come se l'altro gli avesse detto "cornuto", "ma anche ammettendo che la cosa sia seria, cosa mi dici delle imposte e balzelli?!": si considerava ormai un esperto in tributi, dopo il breve colloquio col consulente economico.

   "No problem", aveva ribattuto l'ex compagno in uno stentato Inglese: "Free activity".

   "Non parlare Arabo, per piacere".

   "Guarda, all'inizio si può lavorare col solo codice fiscale; se poi, come me e quasi tutti, uno ha successo, allora prenderà la partita IVA e tutto il resto".

   Insomma, si trattava di network, di lavoro a rete.

   Se qualcuno non sapesse ancora di che si tratta, eccone di seguito le linee essenziali

   Come suggerisce la parola, non si lavora solo per vendere direttamente, ma pure per formare la più larga rete possibile di venditori sotto di sé, sugli affari dei quali spetta una cifra, pagata dalla società senza nulla togliere ai presentati; e pure sulle vendite dei venditori trovati da costoro spetta un compenso; e così pure, uffa! su quelle dei venditori dei venditori dei propri diretti venditori.

   "Una sorta di catena di Sant'Antonio?", qualcuno si chiederà.

   Pare che le società network giurino di no ma gli economisti dicono di sì, a parte che, per la ragione che vedremo, la rete che fa capo a una persona non è teoricamente infinita ma termina dopo il terzo o quarto livello; e questo significa che gli utili per ogni caporete difficilmente potranno giungere alle centinaia di milioni all'anno che vengono prospettate quand'uno viene agganciato.

   In ogni caso, si sfrutta il principio matematico della progressione geometrica come nella catena di Sant'Antonio, con la quale il santo, ovviamente, non ebbe mai nulla a che fare.

   Come avviene il reclutamento?

   Con annunci su giornali e, soprattutto, con diretti inviti, ad amici e conoscenti, a partecipare a riunioni dove si presenta l'attività network.

   Le presentazioni si svolgono solitamente in saloni d'albergo affittati a proprie spese da capirete. Per ripartirsi il costo si mettono assieme almeno in cinque, e sovente di più. Ciascuno, naturalmente, al termine della riunione cerca di reclutare per sé stesso il maggior numero possibile di persone.  Però il singolo capo, ma non comanda proprio nessuno, può pure invitare a casa propria i diretti amici, contenendo le spese; ed è ciò che sempre fanno gli aspiranti caporete, per risparmiare.

   Durante le riunioni si prospetta al neofita la possibilità di divenire collaboratore col semplice acquisto del campionario - prima vendita! - e gli si spiega, molto all'ingrosso, il meccanismo network. Si mostrano infine i tabulati dei lauti profitti - saranno tutti veri? - che già, a volte in pochi mesi, ogni caporete avrebbe ottenuto.

   Qualcuno accetta sempre d'entrarci, nella rete; e succede pure che a volte le cose gli vadano bene, sempre ben inteso che sia persona capace di vendere e, più ancora, di organizzare un reclutamento di abili sottoposti: che, a rigore,  non sono sottoposti per niente e fanno quello che vogliono, visto che non hanno stipendio, anche se, ufficialmente, fanno capo al reclutatore.

   Poiché per giri d'affari modestissimi e occasionali il Fisco, pur non consentendo la detrazione delle spese, non richiede la partita IVA ma solo quel codice fiscale che ciascuno già possiede, e ben inteso con l'impegno di stilare ricevuta ad ogni incasso al fine della dichiarazione dei redditi, si possono reclutare anche persone che, svolgendo parallelamente un lavoro dipendente, la partita IVA, per legge, non possono avere, a meno di rinunciare al posto. I capi si vantano nelle riunioni d'aver lasciato una precedente attività già pochi mesi dopo aver iniziato la nuova - chi era in banca, chi alle poste, chi aveva un negozio... - talmente, dicono, era salito il nuovo guadagno. Difficile verificare.

   Certo è che i reclutati hanno origini e si trovano in situazioni diverse, coi più vari titoli di studio, dalla quinta elementare alla laurea. Ci sono molte persone che vogliono arrotondare lo stipendio o il salario; alcuni che hanno già un'attività di rappresentanza o un negozio e pensano di allargare il giro d'affari grazie al network; però, soprattutto, si tratta di gente che viene dall'enorme serbatoio di ultraquarantenni che, come Rosario, hanno perso il lavoro, e di giovani che hanno vanamente cercato un posto fisso.

   Tornando al nostro autista, egli aveva accettato di partecipare a una riunione indetta per la sera seguente, da Pietro e da altri, in uno dei più begli alberghi di Torino.

   Rosario s'era immediatamente trovato sommerso da una gran marea di parole inglesi e di espressioni economiche, tra cui lavorare per obiettivi era stata la più usata. Inoltre, proiezioni di diapositive, statistiche di vendite astronomiche, sempre non verificabili, della società nel complesso... Alcune ore, insomma, di bombardamento di parole e immagini con mostra finale degli oggetti contenuti nella valigia del campionario. Si trattava precisamente di oggetti utili a famiglie e comunità, come una macchinetta mignon per caffè espresso e un filtro per rendere gradevole l'acqua del rubinetto.

   Non pochi invitati, al termine, in piena obnubilazione da entusiasmo e stanchezza insieme, avevano accettato di collaborare firmando sùbito il contratto. Con esso la società non rischiava proprio nulla; anzi. Per legge, ognuno dei reclutati era un semplice venditore porta a porta, del tutto indipendente, del proprio campionario che, come già sappiamo, gli era venduto immediatamente e poi rivenduto dopo ogni sua vendita. Il consiglio era però stato: "Compràtene molti assieme, per evitare di dover correre tutti i momenti da noi ad acquistare merce nuova: vedrete che gli oggetti andranno via come il pane!".

   Il guadagno consisteva in uno sconto praticato sull'acquisto dei campioni da vendere a prezzo pieno.

   Invece, sulle vendite ai propri futuri sperabili sottoposti e sottoposti dei sottoposti, effettuate direttamente dalla società, la percentuale era spedita all'interessato dalla stessa, che ovviamente già ne teneva conto nel prezzo. Dati i tanti livelli provvisionali, è facile capire che quel prezzo non era inferiore a quello di un negozio; e questo ci spiega perché, nella vendita di merci, per ogni capo la rete finisca al terzo o, al massimo, al quarto livello: altrimenti, il prezzo di vendita sarebbe altissimo e la merce incollocabile.

   Con la valigia era fornito pure un manualetto dei termini economi, quasi tutti in Inglese con traduzione e con approssimativa pronuncia fra parentesi: "Usate questa terminologia!" avevano raccomandato: "Vi mostrerete persone attive e preparate".

   Bah!

   Ogni caporete avrebbe spiegato successivamente a quattr'occhi al proprio sottoposto come organizzare bene una riunione di reclutamento, intervenendo poi alle prime per dare aiuto.

   In sèguito i più produttivi sarebbero stati invitati a seguire un corso di alcuni giorni presso la sede milanese della società, "corso tenuto dai capi in testa, Mr. W., americano, e Dr. K., svizzero!", dove sarebbero state illustrate iniziative a livello internazionale e possibilità di carriere mirabolanti quali capi area.

   Mah!

   Rosario, a differenza di altri, s'era riservato di dare una risposta e aveva chiesto maggiori lumi al solito consulente economico che, dopo avergli spiegato più nei dettagli la normativa e la pratica del network, aveva concluso: "Provi, se proprio non trova nient'altro". Quel consiglio a denti stretti era stato accompagnato dall'allargamento delle braccia. Aveva però aggiunto un prezioso consiglio: "Si metta all'uscita dei cancelli della Fiat e di altre grosse imprese e dia volantini, con in evidenza il suo indirizzo e il suo numero di telefono, contenenti l'invito a collaborare con la società; della quale, ovviamente, si guarderà bene di scrivere il recapito. Se vuole, gliene metterò giù io brevemente il testo a penna a titolo di cortesia. Poi lei lo farà stampare in tipografia, o anche solo dattilografare e fotocopiare. Molti desiderano un secondo lavoro e non pochi hanno parenti in cassa integrazione o licenziati, cui l'offerta di collaborazione potrebbe interessare".

   Rosario aveva seguito il consiglio. In più, aveva infilato copie in molte buche delle lettere e avrebbe continuato a farlo nel tempo.

   Naturalmente, aveva anche iniziato la sua attività di vendita, riuscendo a piazzare  merce al suo ex datore di lavoro, impietosito, a un barista, a un vicino e a qualche amico. A tutti aveva proposto di collaborare e tre avevano accettato fra cui il barista che, a sua volta, aveva quasi immediatamente reclutato due clienti come propri collaboratori.

   Rosario era così diventato in breve tempo capo, dipendendo a sua volta da Pietro.

   Tuttavia, era stato soprattutto grazie al consiglio del consulente che aveva di molto allargato la propria rete.

   A lui è andata abbastanza bene, e guadagna oggi quanto basta per vivere. S'accontenta e al corso milanese che prospetta futuri miliardi per i partecipanti non è andato.

   Però, attenzione, per uno come Rosario che nel complesso è contento, col network molti rimettono solo i soldi del campionario e tanta fatica.

   Vedete un po' voi.

 

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